«Dall’aureola dei centomila dollari… In questo modo la società apprezza gli uomini.» Martin Eden di Jack London, un classico da leggere almeno una volta nella vita

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A cura di Jessica Martino

 Martin Eden di Jack London, letto anni fa, sofferto e amato, resta uno dei miei romanzi preferiti di sempre. Scritto nel 1909, eppure parla di una società sempre attuale. Cambiano le mode, i costumi, i tempi, ma non cambia il pressappochismo, la superficialità, l’opportunismo della società che formiamo stando insieme.

Io colgo l’occasione di parlarvi oggi di questo grande classico della letteratura, sperando di essere all’altezza di descrivere un’ opera così alta da far venire le vertigini. Perché Martin Eden è una roccia a strapiombo sul mare, da cui, a un certo punto, si cade. 

Se è vero che un’opera letteraria entra nel cuore di un lettore tanto quanto la stessa sia capace di rifletterne la sua persona e quanto più totale sia l’immedesimazione col protagonista, allora è vero che Martin Eden è un romanzo universale, senza tempo, destinato ad entrare nei cuori di tutti i nuovi futuri lettori, senza scampo, così come è toccato ai vecchi, a me. Perché tutti siamo stati, siamo o saremo Martin, anche chi ancora non lo sa o, peccato per lui, non lo saprà mai.

Impossibile sfogliare le pagine e non trovare, a un certo punto, al posto delle parole, uno specchio e vederci dentro il nostro riflesso.

L’affinità con Martin è immediata, si crea un legame con lui già dall’incipit.

 

Le ampie stanze parevano troppo strette per la sua andatura dinoccolata, e nutriva il segreto terrore che le larghe spalle potessero urtare contro gli stipiti delle porte o tirar giù i ninnoli dalla mensola bassa del camino. […] Le braccia pesanti e scoordinate gli penzolavano lungo i fianchi. Non sapeva che farne di quelle braccia e delle mani, e quando, nella sua visione alterata, un braccio si avvicinò fin quasi a sfiorare i libri sul tavolo, indietreggiò barcollando come un cavallo impaurito, mancando per un soffio lo sgabello del pianoforte. Osservò l’andatura disinvolta dell’uomo che lo precedeva e per la prima volta si rese conto di avere un’andatura diversa da quella delle altre persone.

 

Questo è il momento in cui il giovane marinaio Martin, lupo di mare, un po’ rozzo e senza molta cultura, per la prima volta, si ritrova nella casa di una famiglia borghese e ne rimane incantato tanto quanto intimorito.

La prosa di Jack London è superba, sa descrivere brillantemente le disposizioni dell’animo umano, in questo caso la sensazione di Martin di essere così impacciato, così inadeguato da non saper cosa farsene del proprio corpo, dove metterlo. Pagina uno e Martin Eden già lo si ama. 

Proprio in questa casa avverrà l’incontro esiziale della sua vita: quello con Ruth, giovane donna da cui resta folgorato, membro di quella dimensione borghese, alta, superiore, lontana.

 

Osi amare un pallido spirito di donna che è mille miglia al di sopra di te e che vive tra le stelle. 

 

E proprio per Ruth, Martin si spingerà oltre. Oltre le sue origini, oltre la sua classe, oltre se stesso fino a compiere una rivoluzione della propria persona volta a un miglioramento intellettuale quasi impossibile e che invece, contro ogni pronostico, raggiunge e conquista, innalzandosi al di sopra di tutto e tutti. 

Inizia a leggere e tanto. Studia, divora un libro dopo un altro. Si scopre essere un uomo assetato di sapere, una spugna che assorbe tutto, velocemente. La sua è una naturale e spiccata intelligenza che aspettava solo il momento di essere nutrita per crescere. In poco tempo, Martin, da autodidatta, non ha nulla di meno, se non di più, di un laureato. E i libri non bastano più, quasi non soddisfano. Nasce in lui l’idea di scriverne di propri, l’ambizione della vita: diventare uno scrittore.

Con Ruth nasce una storia d’amore, la giovane lo ricambia. Cominciano le dure prove, i rifiuti, gli smarchi, le cadute lungo il tortuoso cammino per giungere alla porta della letteratura. Una porta che non si spalanca, resta chiusa. Sono tempi difficili, di difficoltà economica, debiti, afflizione, solitudine.

Ruth non crede in lui. La società non crede in lui. Nessuno crede in lui. La donna lo esorta a lasciar perdere, a trovarsi una vera occupazione, per raggiungere una posizione sociale abbastanza rispettabile per sposarlo. Ma l’ostinazione e la forza d’animo che l’avevano portato a quel punto non lo abbandonano. Martin è l’unico a credere in Martin e solo, contro tutti, continua nel proseguimento del suo sogno. È la forza instancabile di un uomo che rimane fedele a se stesso, alla sua onestà intellettuale, che seppur affascinato e attratto da quella dimensione sociale non se ne lascia influenzare al punto di cambiarlo o dirottarlo. 

 

Se una cosa non mi piace, non mi piace, ecco; e nulla al mondo me la farà piacere per scimmiottatura, perché piace a gran parte dei miei contemporanei, o perché fanno finta che piaccia. I miei gusti e le mie antipatie non possono seguire la moda.

 

L’elevazione intellettuale non basta, la cultura acquisita non basta, la nobiltà, quella d’animo, in lui innata, non basta. La società non gli perdona la povertà economica, la famiglia di Ruth non gli perdona la povertà economica e, infine, la stessa Ruth, ragazza debole di spirito che, lasciatasi influenzare dalla famiglia, lo lascia, neanche lei gliela perdona.

Ma le sorti cambiano. Un suo saggio viene pubblicato, i riflettori della ribalta lo illuminano, il mondo diventa il suo palco. Arrivano il clamore, la fama, il successo, i soldi e, con essi, torna quella società che l’aveva esiliato e torna Ruth, spinta, anche stavolta, dalla sua famiglia. 

Ma quei riflettori ora fanno luce su tutto, illuminano per davvero una società, un amore, che a suoi occhi erano sembrati così brillanti e invece erano così slavati. Esplode la malattia del disgusto il cui germe fu inoculato proprio nella raffinata casa di quella famiglia borghese, così nobile, così alta, così perbene. 

È la disillusione di un ideale sociale che incanta e inganna, che include ed esclude, affossa e innalza, non a seconda della qualità ma della quantità. Il prezzo delle scarpe indossi. Il conto in banca. I follower e i like. Numeri. Numeri. Numeri. Da sempre. Alle soglie del 2020, e l’unico numero più basso socialmente accettabile e sublimato è quella sulla bilancia.

 

 

…Dall’aureola dei centomila dollari… In questo modo la società apprezza gli uomini!

 

Da qui si dispiega un finale che non trovo parole per descrivere tanto è bello, tanto segna, tanto scalfisce per creare un buco a forma di libro nell’animo del lettore, dentro cui Martin Eden resterà per sempre.

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Martin sono io, Martin siete voi: un Io che cerca una mano che stringa la nostra per quello che realmente siamo, per gli unici due valori che valgono e non possono essere matematicamente misurati: cervello e cuore, che fanno poi tutto quel che siamo.

Vi lascio con quella che forse (è difficile scegliere) è la mia citazione preferita del libro:

 

Le persone d’eccezione valore sono simili alle grandi aquile solitarie che volano molto in alto nell’azzurro, al di sopra della terra e della sua superficiale meschinità.  

 

 

11 Comments

      1. l’editore dell’edizione italiana è Adelphi… un’altra vera chicca di London è “Prima di Adamo” con una teoria sorprendente sulla corteccia cerebrale…fammi sapere

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  1. Martin Eden è un romanzo incredibile che parla molto bene della società e della lotta di classe. Martin poi è un personaggio meraviglioso con una forza di volontà incredibile che riesce a superare tutti gli ostacoli grazie alla sua determinazione. Un personaggio da apprezzare tantissimo.

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    1. Nessun personaggio mi è rimasto nel cuore come lui… Per me, uno dei più bei personaggi della letteratura.

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