Dal self-publishing al successo mondiale: si può, l’ha dimostrato Rupi Kaur

Il mondo dell’editoria, si sa, è un mondo il cui accesso e assai difficile. Di aspiranti scrittori ce ne sono tanti, troppi. Valanghe e valanghe di manoscritti inediti giacciono nelle caselle di posta; altrettante valanghe vengono spedite a mezzo raccomandata e chissà in quali bui e polverosi archivi sono lasciati a morire. Gli aspiranti scrittori, talentosi o a malapena alfabetizzati, che pensano di aver scritto l’ultimo best seller sono troppi e gli operatori editoriali fanno fatica a gestire l’enorme mole di manoscritti che ricevono, così papabili best seller, o ottimi romanzi, si disperdono in quelle valanghe fino a scivolare in basso, sempre più in basso e perdersi. Manoscritti che non sono mai stati aperti; autori che, invano, sperano in una risposta. Poi capita che le risposte arrivino e sono rifiuti: il lavoro non è buono oppure lo è ma non è vendibile, il mercato ha altre esigenze. Uno su mille ce la fa, direbbe Gianni Morandi, e allora succede che molti, stanchi e frustati, abbandonano il sogno per sempre; altri, invece, valutano il self-publishing, oggi reso sempre più semplice da Amazon che per titoli posseduti e guadagni potrebbe essere considerato il sesto big dell’editoria internazionale con il suo marchio editoriale non tradizionale: la Amazon Publishing.

Diciamolo, il sogno di ogni scrittore è quello di essere pubblicato, ancor meglio se ciò avviene per mezzo di un grande colosso del settore. Essere scelti, lasciare nelle mani degli altri il compito di definire se quello che si è scritto sia buono oppure no e di conseguenza essere definiti capaci o meno è necessario per sentirsi gratificati e soddisfatti del proprio lavoro o incapaci e inadeguati. Lasciamo sempre di più agli altri il ruolo del giudice che decide di conclamarci o distruggerci.

Ma se gli altri non avessero necessariamente sempre ragione? E Se decidessimo di sceglierci, misurarci, giudicarci e quindi definirci e difinire valido o meno il nostro operato, senza dover passare sotto la critica lente degli altri e starcene in attesa della loro approvazione o disapprovazione? Ma se avessimo ragione noi?

Questo è quello che ha fatto Rupi Kaur, poetessa e illustratrice Canadese di origini Indiane, giovanissima, classe 1992: ha creduto nella sua poesia e nella sua arte, l’ha misurata e definita degna, meritevole. Inizia col chiedere a un professore di scrittura creativa come fare per pubblicare le sua raccolta di poesie e le viene detto che le poesie non vendono e di conseguenza non vengono pubblicate. Così Rupi comincia a scegliere dei singoli pezzi dalla sua raccolta, la spoglia, la smembra, inviando unità singole a giornali e magazine solo per ricevere un rifiuto dopo un altro. A un certo punto si rende conto che scegliere e togliere unità dalla sua raccolta era come tradire la sua poesia che, per chi non la conoscesse, è un lavoro coeso le cui poesie sono strettamente connesse l’una all’altra, una dopo l’altra come pezzi di puzzle che insieme creano un’unica grande immagine. Togliere pezzi è come ucciderla: un delitto.

mi sembrava di tradire il mio lavoro, stavo facendo un disservizio a tutto il corpo strappando una ciglia lì e un’unghia lì. […] tutte le parti / poesie si sono unite per formare un corpo. ritirare i pezzi non era giusto. il lettore avrebbe compreso appieno l’emozione di ciò solo se avesse letto tutti i brani nell’ordine in cui li avevo inseriti.

Da qui dice basta, interrompendo quel processo di smembramento della sua arte per cercare di renderla più adatta alle esigenze del mercato. Vuole darla al mondo così com’è, così come deve essere, e nel 2014 pubblica la sua raccolta intitolata Milk & Honey in self su Amazon, avendo controllo su tutto: font, formato, grandezza, illustrazioni, copertina, colore. Sceglie tutto lei e fa tutto lei, dando vita a un prodotto curato nei minimi dettagli: un’estetica che valorizza ancora di più un contenuto che di per sé ha già un gran valore. Milk & Honey è semplicemente perfetto, dentro e fuori. E si vende, altroché se si vende. Complice anche la condivisione delle sue poesie su instagram, Rupi Kaur raggiunge in poco tempo una bella popolarità, contribuendo alla nascita di quel filone che oggi conosciamo come “instapoet”: la rinascita dei versi in rima, condivisi sulla piattaforma instagram, nata per le immagini e non per le parole, ma che ha saputo accogliere come un ventre materno questa moderna poesia che è lo sposarsi di parole e illustrazioni in formato quadrato 1:1.

Pochi mesi dopo la pubblicazione su Amazon arriva la proposta editoriale per Rupi: adesso è l’editoria tradizionale che la cerca. Il risultato? 2,5 milioni di copie vendute, tradotto in 25 lingue e ha detenuto il posto della classifica dei best seller del New York Times per oltre 77 settimane, diventando un vero e proprio caso editoriale.

E sì, sono la prima a dire che i numeri non sono necessariamente sinonimo di qualità e che un successo commerciale non è un indicatore del valore di un’opera: ma Milk and Honey di Rupi Kaur li merita e li vale tutti. La sua è una poesia che urla autenticità. Sa essere dolce e sferzante, fragile e forte. Ma soprattutto sa essere potente. Temi ricorrenti sono l’amore, l’abuso sessuale, il femminismo, l’amore di sé stessi. Peculiarità del suo lavoro sono l’uso dell’alfabeto Gurmukhi, di fatti le sue poesie sono scritte tutte in minuscolo, un modo questo per onorare la sua cultura, e le illustrazioni stilizzate che vanno ad enfatizzare ancora di più le sue parole.

Presentazione di Milk and Honey:

“questo è il viaggio della

sopravvivenza tramite la poesia

questo è il sangue sudore lacrime

di ventun anni

questo è il mio cuore

nelle tue mani

questo è

il ferire

l’amare

lo spezzare

il guarire”

Un viaggio di guarigione che passa attraverso quattro sezioni: il ferire, l’amare, lo spezzare, il guarire.

no

non

sarà amore a

prima vista quando

ci conosceremo sarà amore

al primo ricordo dal momento che

ti ho visto negli occhi di mia madre

quando mi dice di sposarmi con il genere

d’uomo che vorrei educare mio figlio a essere.

Poesie tratta da Milk and Honey

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The Sun and Her Flowers (2017) è la seconda raccolta di poesie di Rupi Kaur che non delude le aspettative, tutt’altro: le conferma. E poi ancora vendite da capogiro, ancora tra i best seller del New York Times.

Presentazione:

“questa è la ricetta della vita

disse mia madre

tenendomi fra le braccia mentre piangevo

pensa a quei fiori che pianti

in giardino ogni anno

t’insegneranno

che anche le persone

devono appassire

cadere

radicare

crescere

per poter fiorire”

E stavolta le poesie passano attraverso altre quattro sezioni: il cadere, il radicare, il crescere, il fiorire.

sono rimasta impegnata

ben dopo che sei andato via

non riuscivo ad alzare gli occhi

per incrociare quelli di un altro

guardando mi sembrava tradire

che scusa avrei accampato

quando tu fossi tornato

chiedendomi dove fossero state le mie mani

-fedele

Poesia tratta da The Sun and Her Flowers

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Poesie, le sue, intrise di femminilità, che ancora prima di trovarsi sul comodino di ogni donna, dovrebbero passare per il comodino di ogni uomo.

Rupi aveva pienamente ragione, erano gli altri a sbagliarsi. In un mercato che le diceva che non c’era posto per lei e per la sua poesia, se l’è creato da sé, dimostrando che il suo lavoro non solo vale, ma riesce anche a vendere.

Intanto da instagram ci fa sapere che sta lavorando alla terza raccolta di poesie. Noi siamo qui ad attenderla.